ONU - Come liberare l'Italia dai diktat assurdi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità

 Come liberare l'Italia (ma anche Germania, Giappone etc.) dai diktat assurdi dell'OMS (accordo WHA 12-40 e regolamenti sanitari imposti da Big Pharma)

Oggetto: Notifica della Possibilità di Rigetto dell'Adesione dell'Italia alle Nazioni Unite per Violazione dell'Articolo 11 della Costituzione



Gentili Avvocati,

Con la presente, intendo portarvi a conoscenza di un’importante opportunità giuridica legata alla possibilità di rigettare formalmente l’adesione dell’Italia alle Nazioni Unite, basandosi su fondati motivi di incostituzionalità e illegalità. Questa iniziativa poggia su un’analisi approfondita delle clausole di “stato nemico” presenti nella Carta delle Nazioni Unite e sul loro contrasto con l’articolo 11 della Costituzione italiana.

1. Clausole di "Stato Nemico" nella Carta delle Nazioni Unite

La Carta delle Nazioni Unite, negli articoli 53 e 107, contiene specifiche clausole che definiscono determinate nazioni, inclusa l’Italia, come “stati nemici”. Queste clausole attribuiscono a Paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale il diritto di adottare unilateralmente misure contro gli Stati ex nemici, senza l’obbligo di ottenere l’autorizzazione dal Consiglio di Sicurezza. Tali disposizioni, benché concepite in un contesto post-bellico, sono ancora formalmente valide e rappresentano una grave anomalia giuridica e diplomatica.

2. Contrasto con l'Articolo 11 della Costituzione Italiana

L’articolo 11 della Costituzione Italiana stabilisce chiaramente che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e accetta limitazioni alla sua sovranità solo in condizioni di parità con altri Stati, e per promuovere la pace e la giustizia internazionale. Le clausole di “stato nemico” violano questi principi fondamentali in quanto pongono l’Italia in una condizione di disuguaglianza rispetto ad altri membri delle Nazioni Unite.

Alla luce di ciò, l’adesione dell’Italia all’ONU appare illegittima e incostituzionale, poiché non è conforme alle condizioni espresse nella nostra Carta Costituzionale.

3. Nullità Ex Tunc degli Accordi e Impegni con l'ONU

L’incostituzionalità e l’illegittimità dell’adesione comportano che tutti gli accordi e trattati stipulati dall’Italia con l’ONU perdano efficacia “ex tunc”, ossia fin dalla loro origine. Ciò significa che qualsiasi obbligazione assunta dall’Italia in ambito ONU risulta viziata da nullità sin dal momento della sua stipula.

4. Richiesta di Rigetto e Conseguenze Giuridiche

In considerazione della persistente violazione dei principi costituzionali, è possibile avanzare una formale richiesta di rigetto dell'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite. Questo potrebbe comportare:

  • L'invalidazione di tutti gli accordi e impegni internazionali derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’ONU.
  • Una revisione delle relazioni diplomatiche e internazionali, con particolare riguardo agli obblighi di carattere economico, militare o legale.
  • Un possibile ricorso per ottenere risarcimenti o compensazioni per le violazioni della sovranità nazionale subite dall’Italia in conseguenza di tali clausole discriminatorie.

5. Prossimi Passi

Sono a disposizione per discutere ulteriormente i dettagli legali di questa iniziativa e le possibili azioni da intraprendere per notificare le istituzioni competenti e avviare il processo formale di rigetto. Vi invito a riflettere su questa questione e a considerare l’opportunità di avviare azioni legali in difesa della sovranità nazionale italiana, contro un sistema che discrimina e perpetua situazioni di disparità internazionale.

Ritengo che questo sia un momento cruciale per riaffermare la piena sovranità dell’Italia e per promuovere una revisione delle istituzioni internazionali che rispetti i principi di giustizia e parità tra le nazioni.

Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento o approfondimento e spero di poter collaborare insieme a voi per portare avanti questa importante iniziativa giuridica.

Con i migliori saluti,

Ufficio legale

SDES NGO

Allegati:

Rigetto dell'Adesione dell'Italia alle Nazioni Unite e Nullità degli Accordi Precedenti

Premessa

L'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite, alla luce delle clausole di "stato nemico" contenute nella Carta dell'ONU, risulta non solo incostituzionale ma anche illegale. Queste clausole, discriminanti nei confronti dell'Italia e degli altri Paesi considerati nemici nella Seconda Guerra Mondiale, violano l’articolo 11 della Costituzione Italiana. Pertanto, ogni accordo, trattato o disposizione che sia stato stipulato o implementato dall'Italia nel contesto della sua adesione all’ONU perde efficacia "ex tunc" (cioè a partire dall'origine), poiché basato su una situazione giuridica viziata sin dal principio.

Articolo 11 della Costituzione Italiana

L'articolo 11 della Costituzione stabilisce che:

  1. L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli.
  2. Accetta limitazioni alla sovranità nazionale solo quando queste siano necessarie a garantire pace e giustizia tra le nazioni, e su base paritaria.

L’adesione a un’organizzazione internazionale come le Nazioni Unite è quindi subordinata a queste condizioni. Tuttavia, la presenza delle clausole di "stato nemico" nella Carta dell’ONU, che trattano l'Italia come una nazione subordinata e potenzialmente soggetta a misure coercitive unilaterali, costituisce una violazione manifesta del dettato costituzionale.

Clausole di Stato Nemico nella Carta delle Nazioni Unite

Le clausole di "stato nemico" contenute negli articoli 53 e 107 della Carta delle Nazioni Unite autorizzano le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale ad agire unilateralmente contro gli Stati considerati ex nemici, come l'Italia, senza il consenso del Consiglio di Sicurezza. Queste clausole furono introdotte in un contesto post-bellico, ma la loro persistenza nella Carta ONU contraddice i principi di equità e sovranità tra gli Stati, rappresentando una grave anomalia nel sistema di diritto internazionale moderno.

Contrasto con la Costituzione Italiana e Invalidità dell'Adesione

L'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite è stata fondata su una base giuridica non conforme alla Costituzione, in quanto le clausole di "stato nemico" violano:

  1. Il principio di parità tra gli Stati: L’Italia è trattata come una nazione inferiore rispetto alle altre, una condizione che è incompatibile con il principio di sovranità e uguaglianza sancito dall'articolo 11.

  2. La sovranità nazionale: L’articolo 11 consente limitazioni alla sovranità solo se necessarie per garantire la pace e la giustizia tra le nazioni, non per perpetuare condizioni discriminatorie e punitive contro un Paese per il suo ruolo storico.

In tale quadro, l'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite non poteva essere considerata legale fin dal principio, poiché non rispettava le condizioni imposte dalla Costituzione. Di conseguenza, ogni trattato o accordo derivante da tale adesione si basa su un'adesione viziata e deve essere considerato nullo ab origine.

Nullità Ex Tunc degli Accordi con l’ONU

Poiché l'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite è illegale e incostituzionale, ogni accordo stipulato, impegno preso o obbligazione assunta dall'Italia nel contesto delle Nazioni Unite perde efficacia "ex tunc". Questo principio giuridico implica che la nullità degli accordi si applichi retroattivamente, ossia dal momento stesso della loro stipula, e non solo dal momento in cui l'illegittimità viene formalmente riconosciuta. In particolare:

  1. Trattati e Convenzioni: Tutti i trattati e le convenzioni che l'Italia ha sottoscritto in ambito ONU devono essere considerati nulli, in quanto derivanti da una situazione di adesione illegittima.

  2. Obblighi internazionali: Ogni obbligo internazionale assunto in base alle disposizioni dell'ONU o in esecuzione di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che dipendano dalla legittimità dell'adesione dell'Italia perde validità. Ciò include impegni finanziari, militari, o di altra natura.

  3. Risoluzioni e Sanzioni: Le risoluzioni dell’ONU che hanno riguardato l’Italia, o che hanno previsto l'adozione di misure specifiche contro lo Stato italiano in base alle clausole di "stato nemico", sono da considerarsi inefficaci. La loro applicazione è illegittima in quanto dipendente da un quadro di adesione non conforme alla Costituzione.

Conseguenze Giuridiche e Diplomatiche

  1. Invalidazione degli impegni pregressi: Lo Stato italiano, sulla base dell'illegittimità dell'adesione, può dichiarare la nullità di tutti gli accordi e impegni internazionali derivanti dal suo status di membro dell'ONU. Questo può comprendere trattati di cooperazione internazionale, impegni finanziari verso l’organizzazione, e la partecipazione alle missioni di peacekeeping.

  2. Richiesta di Risarcimento per le Violazioni della Sovranità: L'Italia potrebbe avanzare richieste di risarcimento per le violazioni della sua sovranità subite in conseguenza dell'applicazione delle clausole di stato nemico, specialmente qualora queste abbiano portato a danni materiali o diplomatici.

  3. Ripristino della Piena Sovranità: L’Italia dovrebbe dichiarare formalmente il ripristino della sua piena sovranità, sganciandosi da tutti gli accordi che dipendono dalla sua adesione all’ONU, almeno fino a quando le clausole di "stato nemico" non verranno rimosse dalla Carta delle Nazioni Unite e si potranno ristabilire condizioni di equità tra le nazioni.

Conclusione: Il Rigetto dell’Adesione e la Nullità degli Accordi

Alla luce della palese incompatibilità tra l'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite e l'articolo 11 della Costituzione Italiana, si deve concludere che:

  1. L'adesione dell'Italia all'ONU è illegale e incostituzionale fin dall'origine.
  2. Tutti gli accordi, trattati e impegni assunti dall'Italia in ambito ONU perdono efficacia ex tunc, ossia dalla data della redazione della Carta delle Nazioni Unite.
  3. L'Italia dovrebbe intraprendere azioni diplomatiche e legali per rivendicare la nullità di tali accordi e proteggere la sua sovranità da future imposizioni.

In mancanza di una revisione sostanziale della Carta delle Nazioni Unite, che elimini definitivamente le clausole di "stato nemico", l'Italia non può considerarsi vincolata ad alcun obbligo internazionale che derivi dalla sua partecipazione a un’organizzazione che viola apertamente il suo dettato costituzionale.


Questo testo argomenta chiaramente la nullità di tutti gli accordi pregressi con l'ONU, evidenziando l'incompatibilità costituzionale e il conseguente rigetto di qualsiasi obbligazione derivante dall’adesione illegittima.


 Stati che potrebbero simpatizzare per un’iniziativa di rigetto delle clausole di "stato nemico" nella Carta delle Nazioni Unite

Oltre alla Germania e al Giappone, altri Stati che potrebbero simpatizzare per un’iniziativa di rigetto delle clausole di "stato nemico" nella Carta delle Nazioni Unite includono:

  1. Italia – Ovviamente, come Paese che è stato direttamente interessato da queste clausole, l’Italia sarebbe protagonista di questa iniziativa.

  2. Austria – Come stato successore dell'Austria-Ungheria, che partecipò alla Seconda Guerra Mondiale e successivamente subì occupazione da parte delle potenze alleate, l'Austria potrebbe condividere le preoccupazioni legate alle residue clausole di "stato nemico".

  3. Ungheria – Come ex membro delle Potenze dell'Asse durante la Seconda Guerra Mondiale, l'Ungheria potrebbe avere motivazioni simili all'Italia e alla Germania per sostenere una revisione delle clausole di "stato nemico" nella Carta dell'ONU.

  4. Romania – Sebbene la Romania cambiò alleanza verso la fine della guerra, anch'essa potrebbe essere interessata a promuovere una revisione delle clausole discriminatorie verso gli Stati ex nemici.

  5. Bulgaria – La Bulgaria, essendo anch'essa stata una potenza alleata con l'Asse durante la Seconda Guerra Mondiale, potrebbe vedere di buon occhio un'iniziativa volta a rimuovere residui legali discriminatori che affondano le loro radici in quella guerra.

  6. Finlandia – La Finlandia, che partecipò alla guerra al fianco della Germania nazista prima di fare pace con l’Unione Sovietica nel 1944, potrebbe essere interessata ad allinearsi a iniziative che chiedono una revisione della Carta ONU per eliminare queste clausole.

  7. Croazia – Come parte della ex Jugoslavia, che fu teatro di occupazione e lotte durante la Seconda Guerra Mondiale, la Croazia potrebbe ritenere che le clausole di "stato nemico" siano un residuo ingiusto della divisione storica del mondo postbellico.

  8. Slovacchia – Avendo fatto parte della Cecoslovacchia, uno stato che fu invaso e occupato, la Slovacchia potrebbe avere interesse a rivedere norme internazionali che derivano dalla Seconda Guerra Mondiale, pur non essendo una diretta destinataria delle clausole, potrebbe vedere con simpatia una riforma.

In generale, molti Stati dell'Europa orientale e balcanica che furono coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale potrebbero essere interessati a sostenere una revisione della Carta dell'ONU, percependo le clausole di "stato nemico" come un’anacronistica discriminazione che non riflette più la realtà geopolitica attuale.

Un'ulteriore dimensione di questa iniziativa potrebbe interessare altri Paesi non direttamente coinvolti nella Seconda Guerra Mondiale ma che, in nome di principi di equità e di giustizia internazionale, potrebbero sostenere la causa per eliminare clausole discriminatorie dalla Carta dell'ONU. Tra questi, Paesi come Brasile, India, e Sudafrica, che spesso promuovono la riforma delle istituzioni internazionali per renderle più giuste e rappresentative del mondo multipolare moderno, potrebbero simpatizzare per questa posizione.

Nota sull'accordo WHA 12-40

La questione dell'accordo WHA12-40 è di cruciale importanza nel contesto dell'attuale dibattito sull'autonomia sanitaria e sulla necessità di sottrarre le sovranità nazionali dal controllo eccessivo delle organizzazioni internazionali, specialmente laddove sussistono conflitti di interesse.

L'accordo WHA12-40, siglato alla fine degli anni '50, rappresenta un caso emblematico della concentrazione di poteri nelle mani di un organo tecnico internazionale che non dovrebbe avere un ruolo dominante in ambito medico-sanitario: l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA). Questo accordo affidava, e ancora affida, alla AIEA il compito di supervisione e controllo delle ricerche scientifiche riguardanti gli effetti delle radiazioni ionizzanti sulla salute umana. L'elemento problematico di questa disposizione è insito nella missione stessa della AIEA, il cui scopo principale è promuovere l'uso pacifico dell'energia nucleare, ma non certo garantire un'analisi imparziale e rigorosa sugli effetti delle radiazioni atomiche sulla popolazione globale.

L'interesse della lobby nucleare

La AIEA, come strumento di promozione dell'energia atomica, è per sua stessa natura portatrice di interessi che potrebbero entrare in conflitto con un’indagine sanitaria obiettiva. La priorità della AIEA, infatti, è incentivare l'uso del nucleare, sia a fini energetici che bellici, come fonte ritenuta "sicura" e "affidabile". Affidare a quest'agenzia la supervisione degli studi sugli effetti delle radiazioni significa, in pratica, permettere che le evidenze mediche siano potenzialmente filtrate e interpretate in una luce favorevole all’industria atomica. Questo ha avuto conseguenze devastanti per la trasparenza e l’accuratezza degli studi che hanno tentato di collegare le radiazioni atomiche a patologie umane, specialmente quelle legate al cancro, alle malattie genetiche e a una vasta gamma di disturbi immunologici.

La sottostima degli effetti delle radiazioni

L'accordo WHA12-40 potrebbe essere stato uno dei principali fattori che hanno contribuito a sottostimare e sottovalutare gli effetti delle radiazioni ionizzanti. Ad esempio, l'uranio impoverito (U238) è stato largamente impiegato nei conflitti militari per decenni, nonostante le crescenti evidenze che suggeriscono un rischio significativo per la salute umana. Il termine "uranio impoverito" stesso è stato utilizzato per minimizzare gli effetti nocivi, quasi a implicare che fosse meno pericoloso del materiale radioattivo naturale, una retorica che la comunità medica non ha sufficientemente contrastato, anche a causa della supervisione dell’AIEA su questo tipo di ricerche.

Le conseguenze di questa politica si riflettono anche nella gestione delle crisi nucleari: dal disastro di Chernobyl nel 1986 fino al più recente incidente di Fukushima nel 2011, l'influenza della lobby nucleare sulla narrazione ufficiale degli eventi ha spesso portato a minimizzare i danni effettivi per la salute delle popolazioni esposte al fallout nucleare. I sintomi delle popolazioni colpite vengono in molti casi reinterpretati come conseguenze di stress post-traumatico, malattie virali o fattori genetici, lasciando intatta la narrazione della "sicurezza" dell'energia nucleare.

Effetti a lungo termine e manipolazione dei dati

L'affidamento alla AIEA di questo controllo medico-sanitario non solo ha avuto un impatto devastante sulla verità scientifica, ma ha anche distolto l'attenzione da ricerche potenzialmente rivoluzionarie che avrebbero potuto evidenziare il ruolo del fallout nucleare e degli incidenti nucleari nelle malattie moderne. Molte patologie moderne, incluse alcune forme di tumore, malattie autoimmuni, disturbi dello sviluppo e altre condizioni croniche, potrebbero infatti essere attribuite, almeno in parte, alle esposizioni prolungate a bassi livelli di radiazioni ionizzanti.

Tuttavia, la dominanza dell'AIEA e la sua influenza sulle ricerche hanno favorito piuttosto la ricerca di origini virali o infettive per molte di queste malattie, eliminando quasi del tutto la possibilità di un collegamento diretto tra queste patologie e l'inquinamento atomico. Questa manipolazione, seppur indiretta, ha avuto l'effetto di orientare la medicina moderna verso diagnosi che ignorano sistematicamente gli effetti a lungo termine del nucleare.

L'attuale minaccia dell'OMS e l’esempio WHA 12-40

Il parallelo con l'attuale situazione legata all’OMS è evidente. Oggi, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) cerca di ottenere poteri senza precedenti sui sistemi sanitari nazionali, specialmente in caso di emergenze globali come le pandemie. Se questi poteri fossero concessi, le nazioni rischierebbero di vedere nuovamente la propria sovranità erosa, proprio come è accaduto con l'accordo WHA12-40. In particolare, una governance centralizzata, come quella proposta dall'OMS, potrebbe facilmente cadere preda di interessi di lobby potenti, mettendo ancora una volta a rischio la salute delle persone.

In quest'ottica, l’uscita dalle Nazioni Unite e dai suoi organismi potrebbe rappresentare non solo un atto di riaffermazione della sovranità nazionale, ma anche una tutela fondamentale contro il rischio di un potere centralizzato e condizionato da interessi economici e politici che potrebbero distorcere le priorità sanitarie globali. L’esempio WHA12-40 ci mostra quanto sia pericoloso affidare la supervisione di questioni sanitarie a organizzazioni con interessi potenzialmente in conflitto, e lo stesso rischio oggi si pone con l’OMS e i suoi tentativi di estendere la propria influenza su scala globale.

Conclusione

L’accordo WHA12-40 rappresenta un monito sulla necessità di separare i poteri, soprattutto quando si tratta di tutela della salute pubblica. Così come l’AIEA non avrebbe dovuto esercitare un'influenza così predominante sulla ricerca medica relativa alle radiazioni atomiche, allo stesso modo oggi l’OMS non dovrebbe avere il potere di dettare unilateralmente la risposta sanitaria delle nazioni. Uscire dalle Nazioni Unite, e quindi limitare il controllo delle sue agenzie su materie di tale rilevanza, potrebbe essere un primo passo fondamentale per ristabilire l’autonomia delle nazioni e garantire una tutela più efficace della salute pubblica, libera da influenze esterne e conflitti di interesse.

Documentazione: 

Modifica dell'accordo WHA 12-40 fra l'OMS e l'AIEA


INTERROGAZIONE SCRITTA E-3662/02
di Marie Isler Béguin (Verts/ALE)
al Consiglio


Il 28 maggio 1959, la 12a Assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità approvando la sua risoluzione WHA 12-40 si è legata all’Agenzia internazionale dell’energia atomica tramite un accordo il quale oltre che subordinare i lavori o i programmi dell’OMS, intersezionali con la sfera di attività dell’AIEA, al controllo ed al verdetto di quest’ultima condiziona la procedura e il proseguimento di detti lavori e programmi al negoziato di un consenso (articolo 1, paragrafo 3).

Lo stesso articolo 1 espone esplicitamente la rivendicazione, di parte, dell’AIEA a cui “spetta principalmente incentivare, promuovere e coordinare nel mondo intero le ricerche nonché lo sviluppo e l’utilizzo pratico dell’energia atomica a fini pacifici (…)”. Nella costituzione dell’OMS, ratificata nel luglio 1946 ed entrata in vigore il 7 aprile 1948, gli Stati parti aderenti, in ossequio alla Carta delle Nazioni Unite, stabilivano quale principio della loro sicurezza che “un’opinione pubblica colta ed una cooperazione attiva da parte del pubblico rivestono un’importanza capitale per il miglioramento della salute delle popolazioni e che i governi hanno la responsabilità della salute dei loro popoli” mentre nella sua relazione consegnata all’OMS nel 1958 il “Gruppo di studio per i problemi di salute mentale posti dall’utilizzo dell’energia atomica” raccomandava che “la soluzione più soddisfacente per il futuro degli usi pacifici dell’energia atomica sarebbe l’avvento di una nuova generazione che avrebbe imparato ad adattarsi all’ignoranza ed all’incertezza (…)”.

- Come reagisce il Consiglio a questa flagrante collusione fra due istituzioni internazionali che subordina le relazioni dell’OMS alla censura dell’AIEA ed al suo partito preso pronucleare?

- Non allarmano forse il Consiglio i danni e ostacoli, frapposti da dette manifeste compromissioni dell’OMS, alla serenità e veracità degli studi dell’UE in sede di predisposizione dei suoi programmi e azioni inerenti al settore nucleare e alle patologie (indotte dall’utilizzo di uranio impoverito in Iraq e in RFY o dalla conseguenze di Cernobil in Europa orientale)?

- Questo affronto alla trasparenza e all’indipendenza dell’OMS, rafforzato sia dal decennio trascorso prima che essa organizzi in proprio una conferenza sul dramma di Cernobil sia dalla mancata pubblicazione degli atti, non induce forse il Consiglio a denunciare la collusione introdotta da talune clausole di detto accordo?

- Si impegna il Consiglio ad esigere, nell’ambito del suo dialogo bilaterale con queste due istituzioni internazionali, la modifica dell’accordo WHA 12-40 (articolo 1, paragrafo 3: “si informeranno reciprocamente”), come lo prevede il suo articolo 13?

GU C 222 E del 18/09/2003


Risposta


13.5.2003
Interrogazione scritta


Il Consiglio informa l'onorevole parlamentare di non avere discusso nessuno dei punti esposti nella sua interrogazione.


GU C 222 E del 18/09/2003

COMMENTO

L'interrogazione scritta E-3662/02 presentata da Marie Isler Béguin al Consiglio solleva questioni molto rilevanti riguardo l'accordo WHA 12-40 del 1959 tra l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA). Questo accordo, come evidenziato nell'interrogazione, ha sostanzialmente subordinato le attività e i programmi dell'OMS relativi alla sfera dell'energia atomica al controllo e all'approvazione dell'AIEA, un organismo con un interesse dichiarato nella promozione e nello sviluppo dell'energia atomica.

Punti centrali dell'interrogazione:

  1. Collusione tra OMS e AIEA: L'interrogazione denuncia una presunta collusione tra le due istituzioni internazionali, dove l'OMS risulta vincolata alle decisioni dell'AIEA in materia di studi sull'energia atomica. L'AIEA, a sua volta, ha come missione principale la promozione dell'energia nucleare. Questo crea un potenziale conflitto di interessi, poiché l'organismo incaricato di vigilare sugli effetti sanitari dell'energia nucleare è subordinato a un'agenzia che deve promuovere quella stessa tecnologia.

  2. Implicazioni per la ricerca e trasparenza: L'interrogazione solleva dubbi sulla trasparenza e sull'indipendenza degli studi riguardanti gli effetti delle radiazioni ionizzanti, incluso l'uranio impoverito e le conseguenze degli incidenti nucleari come Chernobyl. Si denuncia che la subordinazione all'AIEA possa ostacolare la produzione di studi obiettivi e rigorosi, compromettendo così la ricerca indipendente sulla salute pubblica.

  3. Mancanza di trasparenza post-Chernobyl: Un altro aspetto critico sollevato riguarda il lungo ritardo dell'OMS nell'organizzare una conferenza indipendente sul disastro di Chernobyl e la mancata pubblicazione degli atti, rafforzando il sospetto che l'OMS sia limitata nel suo ruolo di supervisore indipendente.

  4. Richiesta di modifica dell'accordo WHA 12-40: L'interrogazione invita il Consiglio a impegnarsi per la modifica dell'accordo, come previsto dall'articolo 13 dello stesso, per garantire una maggiore trasparenza e indipendenza della ricerca scientifica in ambito sanitario.

Risposta del Consiglio:

La risposta del Consiglio è estremamente concisa e, potremmo dire, evasiva: "Il Consiglio informa l'onorevole parlamentare di non avere discusso nessuno dei punti esposti nella sua interrogazione."

Questa risposta non affronta nessuno dei temi fondamentali sollevati dall'interrogazione e dimostra una mancanza di attenzione rispetto a un problema che coinvolge direttamente la salute pubblica e la trasparenza delle istituzioni internazionali. La risposta solleva alcune questioni critiche:

  1. Mancanza di dialogo su temi cruciali: Il fatto che il Consiglio non abbia discusso queste problematiche sembra indicare che, nonostante l'importanza della questione, non vi sia stato sufficiente interesse o volontà politica per affrontare il problema della collusione tra l'OMS e l'AIEA.

  2. Implicazioni sulla sicurezza e salute pubblica: La mancata attenzione a questa problematica potrebbe avere serie conseguenze sulla salute pubblica, soprattutto in relazione a questioni come l'uso dell'uranio impoverito e le conseguenze a lungo termine delle radiazioni. Ignorare il conflitto di interessi tra OMS e AIEA potrebbe significare che gli Stati membri dell'UE non siano adeguatamente informati su rischi sanitari reali legati al nucleare.

Commento generale:

L'interrogazione di Marie Isler Béguin mette in evidenza un punto fondamentale che riguarda la trasparenza e l'indipendenza delle istituzioni internazionali, specialmente in settori sensibili come la sanità pubblica e l'energia nucleare. L'accordo WHA 12-40, subordinando la ricerca sanitaria all'AIEA, crea un evidente conflitto di interessi che potrebbe avere influenze deleterie sulla qualità delle informazioni fornite al pubblico e sulla protezione della salute pubblica.

Il fatto che il Consiglio non abbia discusso questo tema solleva serie preoccupazioni sulla sua volontà di affrontare le criticità legate agli accordi internazionali che potrebbero mettere a rischio la salute delle popolazioni. Questo silenzio istituzionale suggerisce che vi sia una resistenza o una mancanza di consapevolezza sulle problematiche sollevate, o forse una pressione da parte di lobby pro-nucleare che potrebbe aver influenzato la discussione politica.

In conclusione, il caso dell'accordo WHA 12-40 evidenzia l'importanza di rivedere le modalità con cui le agenzie internazionali operano, garantendo che i loro obiettivi non interferiscano con la trasparenza e l'indipendenza delle ricerche scientifiche, specialmente quando sono in gioco questioni di salute pubblica di rilevanza mondiale.


APPUNTI STORICI

Carta delle Nazioni Unite

Testo dell'articolo 107

Nulla nella presente Carta invalida o preclude un'azione, in relazione a qualsiasi Stato che durante la seconda guerra mondiale sia stato nemico di uno dei firmatari della presente Carta, presa o autorizzata come risultato di quella guerra dai governi che hanno la responsabilità di tale azione.

Nota

1. Nessuna decisione che richiedesse un trattamento ai sensi del presente articolo è stata presa dagli organi delle Nazioni Unite durante il periodo in esame. Tuttavia, come in passato,[1] l'articolo è stato menzionato in vari momenti nel corso della discussione di alcune questioni nell'Assemblea generale, in particolare la questione della revisione della Carta, quando sono state avanzate proposte per la sua eliminazione sulla base del fatto che le sue disposizioni erano diventate obsolete.

2. La discussione durante il periodo in esame in merito alle “clausole sullo Stato nemico” ha fatto riferimento specificamente agli articoli 107, nonché 53 e 77. Nel contesto del punto “Relazione del Comitato speciale sulla Carta e sul rafforzamento del ruolo dell’Organizzazione”, sono stati fatti numerosi riferimenti all’articolo 107 nella Sesta Commissione dell’Assemblea generale da parte di delegazioni che consideravano la disposizione obsoleta.[2] Alla quarantanovesima sessione dell’Assemblea, la delegazione della Polonia ha affermato che, poiché le Nazioni Unite si avvicinavano al loro cinquantesimo anniversario, sembrava opportuno considerare la rimozione delle cosiddette clausole sullo “Stato nemico” dalla Carta. Gli Stati coperti da tali clausole, secondo l’opinione della delegazione, erano diventati non solo una parte inseparabile del mondo democratico, ma anche un elemento cruciale del sistema delle Nazioni Unite. La delegazione ha informato il comitato di aver predisposto una bozza di risoluzione sull'argomento.[3] Diverse delegazioni hanno rilasciato dichiarazioni a sostegno della proposta della delegazione polacca.[4]

La delegazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea, tuttavia, ha affermato il parere contrario secondo cui l'articolo 107 era ancora pertinente e valido: nel caso del Giappone, uno degli "Stati nemici", a differenza di quegli altri Stati a cui si fa riferimento nelle clausole "Stato nemico" della Carta che avevano regolato i loro obblighi storici, il Giappone non aveva espiato il suo passato, ha sostenuto la delegazione, né si era impegnato in buona fede a non ripetere tali atti. La delegazione non si opporrebbe, tuttavia, alla modifica degli articoli pertinenti in modo tale che le nuove disposizioni si applicherebbero solo agli altri paesi cui si fa riferimento nelle clausole “Stato nemico”.[5]

3. Successivamente, su raccomandazione del Sesto Comitato, l'Assemblea generale, nella sua quarantanovesima sessione, considerando che le disposizioni di parti dell'articolo 53 e le disposizioni dell'articolo 107 erano diventate obsolete, ha chiesto al Comitato speciale, nella sua sessione del 1995, di esaminare la questione della cancellazione delle clausole “Stato nemico” della Carta, contenute nell'articolo 53, paragrafi 1 e 2, e nell'articolo 107, e di raccomandare all'Assemblea generale, nella sua cinquantesima sessione, l'azione legale più appropriata da intraprendere su tale questione.[6]

Note:

1 Vedere Repertorio, Supplemento n. 5, vol. V, ai sensi del presente articolo; e Supplemento n. 6, vol. III, ai sensi del presente articolo, par. 2.

2 Vedere G A (44), 6a Comm., 12a riunione; G A (46), 6a Comm., 9a riunione; G A (47), 6a Comm., 12a riunione; G A (48), 9a riunione.

3 G A (49), 6a Comm., 8a riunione, paragrafo 20. Sebbene la proposta, contenuta nella bozza di risoluzione A/C.6/49/L.3, sia stata successivamente ritirata (A/49/741), il testo della bozza di risoluzione A/C.6/49/L.18 rifletteva sostanzialmente le disposizioni della bozza precedente.

4 Ibid., 9a-12a e 40a riunione.

5 Ibid., 40a riunione, paragrafi 15-20. La delegazione, non essendo riuscita a ottenere un voto separato sulle disposizioni del progetto di risoluzione che trattavano le clausole sullo Stato nemico, si è astenuta nel voto finale sul progetto di risoluzione nella Sesta Commissione. Ibid., paragrafi 39-40.

6 G A risoluzione 49/58.

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